Tecniche, design e materiali: la sacra trinità dell’etichetta
News: 26.06.2024
L’idea da sola, a volte, non basta. Soprattutto quando parliamo di label design.
Molto più di un semplice pezzo di carta attaccato a una bottiglia o a un prodotto, l’etichetta è una delle sfide più interessanti per il designer: deve essere bella e catturare l’attenzione (bucare lo scaffale, direbbe qualcuno) da lontano, e raccontare una storia, rappresentare un’idea quando esaminata da vicino.
Ma da un’etichetta progettata come si deve, ci aspettiamo anche qualcosa di più: resistenza, durabilità, vestibilità sulla bottiglia.
Ecco perché per un design di successo è fondamentale considerare la sacra trinità: tecniche di stampa, design e materiali.
Il design accattivante e coerente con l'identità del marchio è il punto di partenza, ma materiali e tecniche sono i mezzi per esaltare la narrazione.
Fin qua sembra tutto facile, almeno fino a quando non si apre un campionario di carte e si rimane sopraffatti dalla quantità di referenze disponibili per grammatura, tessitura, matericità, adesività e caratteristiche.
Le carte di ultima generazione offrono possibilità pressoché infinite: le cartiere più piccole arrivano ad avere a portafoglio qualcosa come 80 diversi tipi di carte, per non parlare dei colossi.
E se non si ha una guida, navigare in questo mare di possibilità diventa difficile.
Quando parliamo di tecniche, design e materiali, parliamo di un triangolo il cui perfetto punto di equilibrio è al centro. Starà poi al designer decidere di osare più da una parte che dall’altra, a seconda delle esigenze specifiche del lavoro.
Va da sé che è necessario scegliere con coscienza - e conoscenza - tra le opzioni disponibili il supporto ideale per la realizzazione e l’applicazione della tecnica di stampa e della nobilitazione.
Nel campo del vino, ad esempio, la scelta della carta è spesso sottesa a due aspetti fondamentali: la complessità del design e il tipo di trattamento che riceverà la bottiglia durante l’esperienza d’uso.
Immaginiamo allora un vino bianco, da servire freddo, prodotto con le uve provenienti da un vigneto situato su un terreno roccioso. Un design interessante potrebbe prevedere una carta molto testurizzata, le cui pasta di cellulosa provenga in parte dall’upcycling delle vinacce esauste della produzione vinicola, nobilitata da un bassorilievo che riproduca i clasti di calcare presente nel terroir. Si otterrebbe così un pairing sensoriale che rinforza la narrazione espressa nel design.
Rimane il fatto che la scelta della carta deve considerare le performance tecniche adeguate per l’utilizzo: per un vino bianco che va in glacette sarà necessario utilizzare una carta barrierata per non trovarsi un’etichetta ingrigita subito dopo l’immersione.
Lo stesso discorso vale per un prodotto cosmetico di fascia alta, in cui il design deve fare eco alla bellezza, ma il cui materiale di supporto deve essere necessariamente resistente all’acqua o all’olio.
Ecco tutto il punto della questione: competenze di design e conoscenze tecniche vanno a braccetto. Nella scelta della carta o delle nobilitazioni, il fine è sempre dare vita a un’etichetta memorabile e funzionale. In una parola, di design.
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